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martedì 1 novembre 2016

Perchè voterò NO al Referendum del 4 dicembre 2016

Si avvicina la data del referendum anche se ancora regna molta confusione su cosa si stia andando a decidere. In questo breve articolo espongo uno studio condotto personalmente al fine di poter comprendere meglio la situazione.

La proposta per la quale siamo chiamati ad esprimersi è sostanzialmente l’eliminazione del bicameralismo perfetto, con la modifica strutturale e funzionale del Senato:
  • Il numero dei senatori scende da 315 a 100 (5 verranno nominati dal Presidente della Repubblica, 74 consiglieri regionali e 21 sindaci) e le loro funzioni legislative saranno limitate a riforme e leggi costituzionali; sulle leggi ordinarie potrà esprimere solo un parere, che non sarà comunque vincolante per la Camera, che diventa l’unica ala del Parlamento che può dare o togliere la fiducia al Governo; 
  • La riforma priva le Regioni, dove ancora si applicherebbe l’elezione di Presidente e Consiglio Regionale da parte dei cittadini, delle materie strategiche riattribuendole allo Stato, ciò contro la previsione costituzionale del decentramento amministrativo che, va ricordato, è uno dei principi fondanti della Repubblica Italiana secondo il quale i padri costituenti avevano stabilito il principio della distribuzione dei poteri e delle funzioni tra i vari soggetti e gli organi dell’amministrazione pubblica;
  • Nella proposta referendaria la Camera, su iniziativa dell’Esecutivo, può approvare leggi che riguardano temi che in teoria sarebbero di competenza delle Regioni qualora si ritenga che queste rientrino nell'interesse nazionale;
  • Il testo prevede cambiamenti per la nomina dei giudici della Corte Costituzionale (non saranno più eletti dalle Camere in seduta comune, ma tre saranno scelti dalla Camera e due dal Senato) e del Presidente della Repubblica (sono necessari i 2/3 dei componenti nei primi tre scrutini, 3/5 dei componenti dal quarto al sesto scrutinio e 2/5 dei votanti dal settimo scrutinio);
  • Con l’approvazione della riforma alle attuali Province si sostituirebbero le Aree Vaste e le Città Metropolitane. Infatti la legge Delrio le ha svuotate di funzioni e poteri ma solo con una modifica del titolo V della Costituzione, che attualmente prevede che ciò sia possibile solo per decisione popolare, queste verranno effettivamente cancellate. 

Importante sottolineare che proprio la legge Delrio ci ha dato in anteprima un assaggio di quella che è la linea, il percorso politico, scelto dall’attuale governo. La legge Delrio ha trasformato le Province in enti di secondo livello, eliminando così la volontà popolare nell’elezione diretta del Presidente ma sono sindaci e consiglieri comunali dei Comuni che fanno parte del territorio provinciale, ora chiamato Area Vasta o Città Metropolitana, a sceglierne i rappresentanti.


(ma poi mi chiedo: sull’abolizione delle Province è stato chiesto agli italiani di pronunciarsi, ma nessuno si è preoccupato di chiedere loro se volevassero l’istituzione di Aree Vaste e città Metropolitane, per giunta senza che nell’elezione dei rappresentanti fosse prevista la partecipazione popolare?)


Fine del bicameralismo: si dice addio ad un sistema che non consentiva facilmente colpi di mano in quanto le proposte andavano discusse, ridiscusse e corrette. Ideato proprio all'indomani della disastrosa esperienza di regime, i padri costituenti intesero equilibrare il sistema decisionale del Parlamento, inserendo appositamente due Camere al fine di rallentare e quindi mitigare eventuali impeti impulsivi sulle decisioni da adottare.
Con questa proposta di modifica costituzionale, invece, cade il bisogno di contraddittorio (approva solo la Camera). Da ricordare che le lentezze della legge ordinaria sono sempre state superate agevolmente dai D.L. ed il governo, avendo la fiducia, poteva emanare rapidamente i Decreti Legislativi, atti con forza di legge. Con una sola camera si avrebbe un sistema legislativo univoco dove verrebbero rapidamente emanate norme sempre “per il bene dell’Italia” in considerazione degli interessi predominanti, o così detti strategici, che attualmente coincidono, ricordiamolo, con quelle delle multinazionali (si pensi al TTIP alla ratifica del CETA, ecc…);

Una considerazione personale sulla tanto decantata diminuzione del numero di parlamentari: con questo sistema i parlamentari eliminati saranno soltanto 215, dal momento che il Senato permane con 100 senatori. Se davvero si intendeva diminuire il numero di parlamentari, si sarebbe potuto agire tranquillamente diminuendone il numero in entrambe le Camere, per esempio dimezzandolo. In tal modo avremmo ottenuto una diminuzione di ben 467 parlamentari, senza contare portaborse e segretari vari. Ma allora, viene da chiedersi seriamente se la tanto invocata diminuzione per risparmiare su stipendi non sia soltanto l’ennesimo raggiro per sottrarci invece ulteriore sovranità.
Ma andiamo avanti.


Per quanto riguarda la democrazia diretta ecco le altre proposte di modifica: 
  • i referendum che riusciranno a raccogliere più di 800.000 firme avranno bisogno di un quorum più basso per avere un esito valido (basterà il 50%+1 del numero dei votanti alle ultime elezioni politiche); 
  • viene alzato il numero delle firme necessarie per la presentazione di un disegno di legge di iniziativa popolare (che passano da 50.000 a 150.000); 


Ciò che accade in realtà: la fine del suffragio universale.
Il suffragio universale è il principio secondo tutti i cittadini italiani maggiorenni, senza alcuna differenza di sesso, cultura, etnia ed estrazione sociale, grado di istruzione, possono esercitare il diritto di voto e partecipare ad elezioni politiche, e alle consultazioni pubbliche. I cittadini, nei moderni Stati democratici, determinano il sistema politico e col suffragio universale viene eletto l'organo legislativo di uno Stato. Come già detto prima l’esperienza immediata l’abbiamo avuta con gli enti di II° livello, sulla cui costituzionalità ho più di un dubbio.

Meglio di me, che sono soltanto un semplice cittadino, si è espresso certamente il professor Alessandro Pace, costituzionalista, il quale con riferimento a questo Referendum ha dichiarato:
"Questa riforma costituzionale è eversiva della nostra Costituzione, perché viola consapevolmente una sentenza della Corte Costituzionale che afferma che la rappresentatività era stata sottomessa al principio della governabilità, la sentenza della Corte Costituzionale n. 1 del 2014 ha dichiarato l’incostituzionalità del Porcellum, che è la legge elettorale sulla quale la 17a legislatura è stata eletta”.
L’attuale Parlamento, quindi, sarebbe stato eletto nel 2013 con un sistema elettorale contenente criteri dichiarati incostituzionali nel 2014.
Consapevole di questo il governo, invece di correre ai ripari indicendo magari nuove elezioni, gioca all’attacco della Costituzione, promuovendo un referendum costituzionale per la modifica della Costituzione italiana già violata alle elezioni che hanno dato vita alla 17a legislatura.
Il referendum costituzionale è previsto e disciplinato quale garanzia della Costituzione (Titolo VI garanzie), studiato e previsto per opporsi ai tentativi di modifica alla Costituzione che non siano votati da 2/3 delle Camere. Quindi, il fatto stesso che questo referendum sia stato promosso dal governo e non dalle Camere, appare più come un espediente di governo, un tentativo di modificare la Costituzione per stravolgerla.



Conclusioni
Il mio augurio quindi è che il NO prevalga e le Camere, in ossequio alla sentenza della Corte Costituzionale, vengano sciolte andando a nuove elezioni con un sistema elettorale che rispetti, finalmente, i principi costituzionali rappresentativi ed il suffragio universale.
Ricordiamo che già una volta si tentò “l’assalto alla diligenza”, mi riferisco al referendum del 2006 che respinse, tra le tante altre proposte di modifica all’attuale Costituzione, il “premierato” promosso dall’allora Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.


Respingere questa riforma significa far vincere la Costituzione

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