Il Podcast di Pensiero Indipendente

mercoledì 16 maggio 2012

Siamo di fronte ad un bivio epocale?

Questa crisi tira fuori il peggio di ognuno di noi, perché innesca paura, insicurezza, incertezza nelle istituzioni e nel futuro. A questo poi si aggiungono le tante tristi notizie che si leggono sui quotidiani (e nel riportare le disgrazie degli altri i giornali sono molto bravi). Ogni giorno, da mesi, siamo bombardati da notizie relative alla crisi. È iniziato tutto verso la fine del 2011, all'epoca già si parlava della crisi greca e dell'effetto domino che avrebbe coinvolto anche l'Italia. Movimenti come "l'alternativa c'è" di Giulietto Chiesa, già paventavano ciò che si sta verificando oggi, ma lo dicevano in ottobre. Tanti economisti ipotizzavano in tempi non sospetti  per noi comuni mortali, l'acuirsi della crisi. 

I partiti, soltanto loro, hanno continuato a spendere e spandere, i giornali erano più concentrati ad enfatizzare le marachelle dell'ex Presidente del Consiglio piuttosto che parlare di quanto inevitabilmente sarebbe accaduto di lì a poco. Resta indelebile nella memoria, la diretta televisiva di RAINEWS del 15 ottobre 2011, relativamente alla manifestazione che si svolse a Roma e nelle principali città europee, per uscire fuori dall'euro nonchè i disordini provocati dagli anarchici o presunti tali. La cosa che più mi colpì all'epoca però fu la scarsa attenzione dimostrata dalle principali emittenti televisive su quanto stava accadendo in quel pomeriggio. Esclusa la già citata RAINEWS e TGSKY, tutte le altre emittenti si limitarono a seguire la propria programmazione senza minimamente interessarsi ad un collegamento in diretta. 

Diversamente accade quando fu il momento di raccontare i fatti in differita, cioè dopo ore che questi ultimi si erano verificati. Tutti i telegiornali e giornali raccontarono la propria versione di quanto era accaduto. Ma chi aveva seguito gli eventi in diretta televisiva come me, o era presente sul posto, fu testimone di una storia diversa fatta di tante apparenti incongruenze. Quanto accaduto all'epoca e quanto sta accadendo in questi giorni, mi dà molto da pensare circa la reale misura della libertà di questo paese e dei suoi cittadini. I fatti accaduti il 15 ottobre, unitamente a quanto si sta verificando in questi giorni, ma soprattutto il comportamento della politica nazionale, dalle sue esternazioni alle soluzioni proposte per risolverle o quantomeno arginare il problema, mi richiamano alla mente quanto avvenne negli anni '50 e '60 in America Latina, dove ai governi fantoccio pseudo-democratici ma nella sostanza filoamericani, si sostituirono forme sempre più austere di regime. Mi viene in mente Fulgencio Batista, il presidente cubano fuggito dall'isola all'indomani dell'ascesa di Fidel Castro. Ultimo presidente fantoccio messo dagli americani, fuggì con il suo governo non prima di aver vuotato le casse dello Stato. Oggi un governo tecnico, mai votato dal popolo (in barba ai principi costituzionali), raccoglie la già pesante eredità di anni ed anni di abusi, di scandali, di corruzione, di malgoverno e di tutte quelle porcate che siamo ormai abituati a leggere da circa quarant'anni sui giornali. 

La cosa peggiore è però l'evidente ingiustizia, la grande disparità di trattamento esistente per esempio tra un evasore fiscale anche di poche centinaia di euro, ed un segretario di partito o un tesoriere di partito che oltre al congruo stipendio, si appropria indebitamente di milioni di euro. Al primo pignorano anche le mutande, al secondo tra ricorsi e appelli, quando gli va male, può sempre contare sulla decorrenza dei termini. La gente si suicida per strada perché non vede nessuna speranza nel proprio futuro (a volte anche nel presente), perché oltre ai soldi siamo privati anche della nostra dignità, del nostro futuro, del sacrosanto diritto al lavoro, alla salute. Tutto nel nome dell'euro e di una crisi che non capisco ma che sicuramente altri hanno creato e ci hanno addebitato.
Abbiamo un cappio al collo che si stringe intorno alla nostra gola di cittadini, ad ogni tentativo di ribellarsi a questa follia. Così siamo arrivati a vivere in una nazione che penso somigli sempre di più a quelle dell'America Latina degli anni '60. Esiste però una paura ancora più grande di quella che viviamo oggi: è un fatto storico infatti, che la fine delle democrazie traballanti corrisponda spesso con l'inizio di solide dittature. Proprio come avvenne in America Latina.

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